Il co-sleeping e il bed-sharing

Stare accanto al proprio bambino durante le prime fasi della sua crescita, soprattutto quando è ancora un neonato, è importante per rassicurarlo, dargli quel senso di protezione e fargli capire quanto i genitori gli vogliano bene.
È quello che succede con il cosleeping, termine che in inglese significa l’atto del dormire insieme, un comportamento naturale dei genitori nel dormire con il proprio figlio che da anni, invece, provoca una divergenza di opinioni.

Cos’è e come funziona il co-sleeping?

Il co-sleeping, in ambito pediatrico e psicologico, è l’atto del dormire insieme, ovvero far dormire il proprio bambino nel letto con mamma e papà (bed-sharing).
Il comportamento di accogliere il neonato nel proprio letto è dato dall’istinto naturale dei genitori, il volerlo coccolare e riempire di attenzioni, instaurare quel senso di protezione e sicurezza al piccolo che smette di piangere, agitarsi e si addormenta subito.

Il Co-Sleeping: è sicuro?

Tanti sono i dibattiti divergenti sorti negli ultimi anni su questo gesto affettivo dei genitori nei confronti dei propri figli, in quanto molti psicologi ritengono che il co-sleeping possa nuocere allo sviluppo psicologico del neonato che dipenderà sempre più da mamma e papà e anche alla coppia che non riesce a ritrovare la propria intimità e privacy.

La condivisione del lettone è inoltre sconsigliata sia dall’Accademia Americana di Pediatria che dagli specialisti italiani a causa del rischio di SIDS (Sudden Infant Death Syndrome), detta comunemente Sindrome della morte in culla.

Altri studi hanno rivelato che il co sleeping non ha ripercussioni sul comportamento del neonato che, invece, si trova a suo agio, coccolato e protetto oltre ad essere più socievole e aperto alle novità.
Inoltre, il co-sleeping faciliterebbe l’instaurarsi dell’armonia tra madre e figlio e favorirebbe la produzione di latte nelle mamme che allattano.

Il bambino potrebbe vivere il divieto di dormire nel letto con mamma e papà come un rifiuto, rendendolo irritabile, fragile e infelice. Inoltre, non sarebbe affatto vero che il co-sleeping porti all’infelicità di coppia, anzi fa sì che si instauri un’armonia maggiore in famiglia, visto che solitamente sono sempre i papà a dormire soli mentre mamma e figlio, soprattutto se neonato, dormono insieme.
Paradossalmente, quanto più il neonato saprà di poter avere accanto i propri genitori, più imparerà da bambino ad essere autonomo e a dormire da solo quando sarà pronto.

Per questo motivo l’Accademia Americana di Pediatria consiglia il room-sharing, vale a dire la condivisione della stessa stanza, facendo dormire il piccolo nella stessa camera, possibilmente accanto al lettone, in modo che il neonato possa avvertire la presenza dei genitori senza condividerne il letto e i genitori possano rispondere con prontezza ad ogni sua richiesta, favorendo dunque persino il loro rapido intervento anche in caso di SIDS.
A questo proposito le culle da affiancare al letto matrimonale (bedside cots) possono divenire delle “culle per il cosleeping” (Vedi anche: Culle da affiancare al letto matrimoniale) ed essere molto utili e più sicure, perché riescono ad avvicinare il concetto del co-sleeping, senza però condividere lo stesso letto che espone a un rischio di SIDS più elevato.

Il Co-Sleeping: fino a quando?

Mettendo da parte pro e contro, il co-sleeping è una scelta, una strategia utile e consapevole da adottare al momento opportuno, che solo i genitori sapranno fino a quando proseguire col co-sleeping e quando smettere, perché non è il dormire insieme ad educare un bambino, ma l’insieme di regole e abitudini che gli verranno insegnate durante tutte le fasi della sua crescita.